giovedì 27 dicembre 2012

Cattura e ricattura






Cattura e ricattura
Tecnica d’indagine per la salvaguardia ambientale

A fine dicembre 2012 dodici bracconieri sono stati scoperti all’interno della gravina di Monte Sant’Elia, in territorio di Massafra, cuore del Parco “Terre delle Gravine”, area di un Oasi WWF e di notevole pregio paesaggistico e ambientale. Sono stati denunciati dalla Polizia provinciale di Taranto che ha anche emetto sanzioni amministrative e sequestrato dodici fucili da caccia, numerose munizioni e tre richiami acustici elettromagnetici vietati.
Quando è stata diffusa, la notizia non ha suscitato molto clamore e non ha sorpreso gli osservatori nazionali di simili fenomeni: per la Lega Abolizione Caccia, per esempio, è una delle tante dimostrazioni che le illegalità in materia venatoria non sono un’eccezione, ma la regola. Un lungo dossier testimonia infatti un caso al giorno per 365 giorni l’anno, come in un calendario sul quale sono state annotate giorno per giorno i crimini compiuti dai cacciatori verso la natura, realizzato raccogliendo notizie dalle guardie venatori volontarie, dal web e documentando per un intero anno tutti i casi di bracconaggio di cui è rimasta traccia sulla stampa e negli atti giudiziari.
Abbattimento di esemplari di specie protette, rapaci, cicogne, gru, fringuelli, piccoli migratori tutelati internazionalmente, l’uso di richiami elettro-acustici, la caccia in aree protette e nel periodo di silenzio venatorio, l’uso di trappole e reti. Un ampio repertorio di crimini che permettono di ritenere che spesso i cacciatori in Italia saccheggiano la biodiversità incuranti dei principi di conservazione.
Cosa avviene nel territorio di Santeramo?
L’analisi criminologica di simili manifestazioni in tutto il territorio murgiano è particolarmente complessa e articolata data la presenza di numerosi e diversificati ambienti naturali, per la maggior parte sottoposti anche a misure di tutela ambientale, quali i siti SIC, ZPS, Murgia Alta, SIC-Bosco di Mesola e aree IBA (Important Bird Area). Possiamo perciò iniziare focalizzando la nostra attenzione su di un solo aspetto, in un ben determinato e ristretto ambito territoriale.
A pochi mesi di distanza dal drammatico incendio che ha interessato il bosco della Gravinella, è stato lanciato dall’Associazione “La Gravinella” di Santeramo un accorato appello a tutte le Autorità e a tutte le Istituzioni, attraverso comunicati ed una manifestazione ai piedi del bosco, affinché nell’area boschiva attraversata dal fuoco venissero fatte rispettare le norme di tutela che la legge stabilisce, in particolare per quanto riguarda il divieto di pascolo e il divieto di caccia.
La Legge n.353 del 21 novembre 2000, “Legge quadro in materia di incendi boschivi”, che ha anche il merito di aver modificato il codice di diritto penale introducendo la fattispecie di reato di incendio boschivo (art. 423 bis),  stabilisce espressamente all’art.10 che “sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia”.
Con una simbolica e semplice marcia dal paese al bosco ferito, i membri dell’Associazione La Gravinella hanno voluto evidenziare la ratio delle misure stabilite con questo provvedimento legislativo e richiamare l’attenzione delle autorità sulla necessita dell’osservanza di tale normativa, la cui violazione era palesemente denunciata dai numerosi spari uditi ripetutamente nei giorni precedenti.
Quali strumenti ha chi volesse accertare la violazione del divieto di caccia, anche se non avesse personalmente udito gli spari e intendesse ugualmente rendersi conto di quanto segnalato?
Cattura e ricattura.  Una tecnica molto semplice che fa leva sull’abitudine, non molto ecologica, dei cacciatori di disperdere nell’ambiente dopo l’uso le cartucce che puntualmente si rinvengono abbandonate, sparse di qua e di la, o concentrate nei campi, nelle lame, sui costoni di murgia, nei boschi, nelle zone umide, come briciole velenose di un macabro Pollicino.
E’ una tecnica statistica, nata nel campo della biologia per lo studio delle popolazioni animali e che ha subito numerosi adattamenti anche in altri ambiti. Il nome deriva dalla pratica diffusa tra i biologi impiegata per contare il numero di animali (pesci, uccelli, etc.) appartenenti a particolari specie: in una prima fase i ricercatori catturano un fissato numero di animali, contano il numero di unità appartenenti alla specie in studio, li marcano e li liberano. In un secondo momento catturano un altro numero di animali distinguendo tra quelli già visti, perché in possesso del marchio, e i nuovi soggetti.
La tecnica è stata anche impiegata per lo studio di popolazioni umane rare, portatrici di caratteri poco presenti, e si è dimostrata utile nelle situazioni in cui le indagini campionarie generali risultano dispendiose e poco proficue.
Recentemente nell’ambito dei progetti di operatori di strada il metodo è stato usato inoltre per stimare e monitorare il numero della popolazione tossicodipendente dalla quantità di siringhe abbandonate, “catturate e ricatturate” nei luoghi di consumo di droghe.
Per monitorare la presenza dei cacciatori in una determinata area e in ben determinati periodi la tecnica della cattura e ricattura trova una nuova applicazione: ripulire l’area bersaglio da tutte le cartucce abbandonate presenti permetterà alle successive operazioni di raccolta, da effettuare con una periodicità settimanale o mensile, di ottenere elementi concreti per stimare la frequenza della presenza di cacciatori sul territorio e il volume di fuoco esercitato.
Il ritrovamento di cartucce nelle fasi di “ricattura” successive alla prima raccolta completa, operata della fase di “cattura” in aree a divieto di caccia o in periodi di silenzio venatorio, è una prova della quale le forze di repressione dei reati non possono non tenere conto.

Vittorio Dinielli



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